Terra Sarda Tortolì: a tu per tu con Elena Busso
Autore: Lega Volley Femminile
25 Marzo 2004

Elena Busso non è mai riuscita a mettere radici profonde in uno stesso club, quando si affezionava, finiva che la società di turno era costretta ad alzare bandiera bianca per insanabili tracolli finanziari: “Quelle di Tortoreto e Imola sono state le esperienze più belle della mia lunga carriera, ci sarei rimasta qualche stagione in più ma non è stato possibile”. Prima di fare un salto in Ogliastra, Elena ha frequentato le reti del centro – nord: Spezzano, Vicenza, Montichiari, Perugia, Imola, Tortoreto e Modena; unica eccezione la pugliese Altamura che come clima, non aveva nulla da invidiare con le zone alte dello stivale. “Tortolì è stata una sorpresa anche per le condizioni meteo – ammette entusiasticamente la nostra protagonista – praticamente l’inverno qui è un benemerito sconosciuto, non vedo l’ora di tastare con mano le splendide spiagge che circondano questa zona.

 

Sei arrivata a Tortolì quasi in sordina..

 

Si, ero reduce da un’operazione per due lussazioni alla spalla e avevo deciso di recuperare con calma, senza accelerare troppo i tempi. La serie A2 è sempre stata quella a me più congeniale e quando ad ottobre mi hanno proposto Tortolì, ho accettato senza alcun tentennamento.

  

E quando anche tu sei stata impiegata a tempo pieno sono arrivati i risultati

 

I risultati si devono a questo gruppo di ragazze con cui ho legato da subito. Tra l’altro non ho mai avuto problemi con nessuno dei tre allenatori che si sono alternati in questa stagione.

 

Ora devi sottostare alle direttive di un coach famoso  e di prestigio…

 

E soprattutto esperto. Lui ne capisce assai di pallavolo, mi ritengo soddisfatta della sua presenza, ci sta facendo lavorare parecchio ma ne vale proprio la pena.

 

Durante la gara con il Siram, Marasciulo parlava ripetutamente con te..

 

Si è vero, lui distribuisce consigli sulle scelte tattiche da adottare, ci parla molto perché fuori dal campo riesce a vedere le cose in modo diverso rispetto a quelle che possiamo intuire noi che ci barcameniamo sul mondoflex.

 

 

Il trainer brasiliano punta soprattutto sui fondamentali

 

Credo che sia la linea più adatta per una squadra giovane come la nostra, che ha molti margini di miglioramento.

 

E poi ha dichiarato senza mezzi termini la sua intenzione di portarvi ai play – off.

 

Ce la possiamo fare, stiamo lavorando tanto per raggiungere quest’importante obiettivo, tutte noi pensiamo di avere le carte in regola.

 

 La serie A1 ti attira?

 

 Francamente no.  In A2 ho trovato la mia dimensione, il livello è veramente ok. Nella massima serie se sei italiana conti poco, piuttosto non disdegnerei un’altra promozione come quella che ottenni giocando con Imola, uno dei momenti indimenticabili della mia carriera.

  

Le tue compagne in precedenza hanno messo in luce come  in Ogliastra manchino diversivi….

 

Purtroppo hanno ragione. D’accordo, siamo qui per allenarci e giocare, però io non pretendo molto, mi basterebbe uscire  a passeggio con i miei amici sparsi in tutta la nazione, ma le distanze quasi impossibili me lo impediscono.

 

 

Parliamo un po’ della tua vita privata, nel tempo libero che fai?

 

Quando posso mi diletto ai fornelli, amo cucinare i risotti e le lasagne, ogni tanto chiamo a raccolta le mie compagne di squadra e le rendo partecipi delle mie ultime trovate culinarie.

 

Dalla parlantina abbastanza articolata ne deduco che leggi parecchio.

 

Adoro i romanzi. Isabel Allende è la mia autrice preferita. Mi piacciono i testi di psicologia. Sul mio comodino attualmente staziona Io Uccido di Giorgio Faletti. Non leggo assiduamente i quotidiani, mi tengo aggiornata su ciò che accade nel mondo attraverso i telegiornali.

 

Com’è la vita da single?

 

Beh, quando finisce una storia d’amore i primi periodi sono di grande euforia perché riassapori il gusto della libertà, poi però, alla lunga, senti di nuovo la mancanza di qualcuno con cui condividere le esperienze della vita.

 

 

E nessuno sta bussando alla porta?

 

E’ difficile trovare la persona giusta, e poi stando così lontana le opportunità di socializzazione diminuiscono, pazienza.

 

I tuoi genitori hanno avvallato la tua decisione di fare pallavolo?

 

Ricordo ancora quando in compagnia di mia madre mi trovavo in giro per le bancarelle di un mercato. Avevo tredici anni e in quel momento passò l’allenatore del Savignano che mi propose di andare in palestra. Già da quella circostanza i miei genitori sono diventati i miei primi sostenitori, hanno sempre appoggiato la mia scelta di vita.

 

Sono passati due anni prima che ti decidessi a fare le cose sul serio…

 

Nella prima apparizione in palestra non mi ero piaciuta affatto, mi ritenevo troppo magra e gracile, rimasi traumatizzata, poi la passione crebbe nel tempo e a 15 anni decisi di intraprendere l’attività professionistica.

 

E della tua permanenza in nazionale  juniores cosa ricordi?

 

Sono stati quattro anni bellissimi, che mi hanno arricchito sotto il profilo tecnico ma anche in quello umano. Nel 96’ ho conquistato l’argento agli europei. Però l’ultimo anno è da dimenticare

 

Perché?

 

Lo staff medico aveva diagnosticato come una banale infiammazione  un serio infortunio alla spalla. Pure io ho dato poco peso alla cosa, ho proseguito a giocare finché non sono stata costretta  a sospendere per un lungo periodo l’attività.

 

 

Morale?

 

Ho imparato a badare in prima persona alla salute, a non sottovalutare qualsiasi tipo di acciacco che l’attività sportiva mi può riservare e soprattutto a diffidare dei controlli medici superficiali.

 

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