Alessandra Marzari: “Serve chiarezza. Ora è tempo di agire, non si può più aspettare”
Autore: Allianz Vero Volley Milano
7 Agosto 2020

E’ tempo di calendari, è tempo di ripresa: lo si dice da tempo e ieri la Lega Volley maschile lo ha anche ufficializzato con le date della prossima stagione. Ma, in verità, qual è il punto della situazione? Come sta il movimento dopo gli ultimi mesi a dir poco difficili e alla vigilia di settimane che non si annunciano da meno?

La dottoressa Alessandra Marzari, presidente del Consorzio Vero Volley, ha gli strumenti necessari per pensare al futuro e per tracciare un quadro della situazione in questo momento: “Possiamo iniziare da quello che c’è: sicuramente dal fatto che gli atleti hanno ripreso la loro attività, anche se, magari, non ancora in forma completa, come prescrivono i protocolli in vigore. Per quanto riguarda Vero Volley, fin da subito, come nel periodo del lockdown ci siamo mossi con il massimo rigore possibile, testando tutti gli atleti, lo staff e il personale della nostra struttura sia con prelievi sierologici che con tamponi. Inoltre, abbiamo insistito molto sull’informazione anche al nostro interno, richiamando pure tutti i giocatori a una responsabilità individuale che, comunque, già appartiene al loro stile di vita: i ragazzi e le ragazze sono ben consapevoli che si parla di salute e di lavoro e, quindi, sono i primi a voler essere attenti. Infine, non abbiamo mai abbassato la guardia dal punto di vista della vigilanza: tuttora monitoriamo qualunque possibile sintomo, misuriamo la temperatura quotidianamente e verifichiamo ogni possibile indicatore per tutte le persone coinvolte dall’attività delle squadre, oltre che mantenere l’accesso all’impianto chiuso e limitato anche per quanto riguarda le aree utilizzate”.

Tutto bene, quindi?
“Diciamo che con gruppi mediamente giovani e sani, come quelli degli atleti, i rischi possono essere ridotti, sia per quanto riguarda la possibilità di contrarre il virus che per la gravità della sua forma: questo non può fare calare la soglia di attenzione ma deve anche permetterci di iniziare a guardare al futuro in modo diverso”.

Da ieri, anche con la stesura dei calendari da parte della Lega maschile, si può, quindi, parlare ufficialmente di ripresa?
“Il tema principale di cui si dovrebbe parlare è di come si riprenderà, come si giocherà. E da questo punto di vista è necessario ricevere delle risposte e delle indicazioni chiare e precise. Personalmente sono convinta che in prossimità delle gare potrebbe essere corretto, se continuassero ad essere confermati i numeri di positivi che attualmente si registrano sul territorio nazionale (nel pronto soccorso dell’ospedale dove lavoro, il Niguarda di Milano, per esempio, sugli ultimi 2000 accessi sono stati solo 4 i casi di Covid-19 di cui soltanto uno è stato ricoverato in Malattie Infettive), eseguire il tampone a tutti i soggetti coinvolti direttamente dalle partite senza applicare indiscriminatamente un protocollo come quello studiato per il calcio, che è stato sviluppato per un’altra disciplina e nel pieno dell’emergenza. Questo anche per garantire a tutti la stessa forma di sicurezza nel caso di modalità quotidiane di gestione che possono essere diverse tra loro. Allo stesso modo se come tutti ci auguriamo la situazione in Italia non dovesse peggiorare, non vedo motivi validi per mantenere chiuse le arene e giocare senza pubblico…”.

In che senso? Che soluzione si può proporre da questo punto di vista?
“Prima di tutto bisogna fare una campagna efficace di comunicazione, continuando a trasmettere le corrette informazioni ai fans. Bisogna trasmettere la consapevolezza che, come già dicono le norme in questo momento, se si presenta qualche sintomo bisogna restare a casa ed essere controllati. E’ necessario, poi, sviluppare un protocollo adeguato per l’accesso alle arene. Gli impianti devono sempre essere puliti in maniera approfondita e sanificati, con il gel per la disinfezione delle mani a disposizione in più punti, ma tutti i palazzetti dovrebbero anche essere dotati di scanner per la misurazione della temperatura di tutti i presenti e, per quanto riguarda gli spalti, si dovrebbero studiare soluzioni per far sedere gli spettatori distanziati tra di loro, magari, con un terzo della capienza negli impianti. Poi, dovrebbe essere necessario l’accesso con la mascherina, con l’invito di limitare cori, urla e canti e l’uscita dagli impianti regolamentata per evitare assembramenti. Credo che già con queste poche regole, da applicare subito, per il primo mese di gare, sarebbe possibile avere gli spettatori alle partite. Come presidente di società, io, che sono una che si assume le proprie responsabilità, farei la mia parte”.

Quello delle responsabilità sembra, infatti, essere uno dei temi principali della questione“La vera questione, in questo momento, è appunto che bisogna essere capaci di assumersi delle responsabilità. Vanno bene gli scenari, le proiezioni e quant’altro, ma con poche centinaia di casi in Italia, le scuole che giustamente devono riaprire, la situazione che vediamo tutti i giorni sulle spiagge, negli esercizi pubblici, nelle città, sui mezzi di trasporto e via dicendo, le istituzioni, le leghe stesse e la Federazione, che alla fine sono gli organi di governo chiamati a decidere, devono prendere delle decisioni, comunicarle con puntualità e assumersene la responsabilità. Solo così si può pensare davvero di ripartire”.

Non è un tema che tocca solo lo sport di alto livello e le sue prime squadre, giusto?
“Assolutamente: stiamo parlando anche delle migliaia di praticanti che fanno sport a livello giovanile e pure amatoriale. Dare indicazioni, pensare a come riprendere con le prime squadre è affrontare una riflessione che serve allo sport a tutti i suoi livelli, altrimenti tanto vale dire che nell’incapacità di decidere e prendere una posizione si può fermare tutto, ma questo, poi, deve valere anche per le nazionali… e non voglio nemmeno pensare a uno scenario del genere e alle sue conseguenze”.

In conclusione, cosa serve in questo momento?
“Chiarezza e decisioni, prima di tutto. Serve un protocollo serio per una “safe arena” che ci dica con quali norme possiamo far riprendere l’attività a pieno regime e come fare per permettere l’accesso del pubblico. Servono indicazioni che, in linea con la situazione attuale, permettano agli atleti e alle società di prepararsi e ricominciare a svolgere la propria attività in maniera tale da poter essere completa. E se questi temi non sono ancora stati affrontati, se le soluzioni non sono state preparate, è necessario che venga fatto subito tenendo in considerazione tutte le possibilità e le variabili. Serve che chi ha il ruolo per farlo ed è chiamato a farlo si assuma la responsabilità di scegliere la strada da seguire. Ora è tempo di agire, non si può più aspettare”.

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